Dedicata al Presidente
Angelo Massimino

Angelo Massimino è stato per la città di Catania, quella calcistica s’intende, una istituzione; un uomo passionale, pittoresco, a volte ricordato anche per i suoi strafalcioni linguistici.
Ha lasciato in eredità il cuore e il sentimento: cose andate in onda negli anni a cavallo tra il settanta e l’ottanta. Il calcio a quell’epoca era vero calcio, fatto di sentimenti e soprattutto basato sulla parola e l’amicizia.

Proprio in virtù di ciò Angelo Massimino cominciò la sua carriera di presidente di un sodalizio con la famosa Massiminiana che allora militava in Serie C, paragonabile ad una odierna Serie B. Da quel sodalizio Angelo Massimino insieme ai fratelli costrui una società che a quell’epoca ottenne dei buoni risultati e sfornò una miriade di grossi giocatori che ottennero risultati prestigiosi.
Ricordiamo in particolare il centravanti Pietro Anastasi che fu scoperto proprio da Angelo Massimino e che, dopo una grande annata con la Massiminiana, andò a giocare a Varese. 

Massimino cominciò a costruire la sua fortuna di imprenditore in Argentina dove era emigrato. Tornato a Catania, come detto, fondò la Massiminiana e poi nel 1968 rilevò il Catania Calcio 1946 da Ignazio Marcoccio. A quel tempo si stava cominciando a preparare la trasformazione  della Società in S.p.A.

 
Nel 1969 portò il Catania in Serie A con quello squadrone di frombolieri, quali Cavazzoni e Bonfanti, e dimostrò tanta lungimiranza nel portare a termine tante trattative.

 

 


Per un anno dovette lasciare la presidenza, ma i risultati senza Massimino, furono talmente mediocri che venne richiamato a furor di popolo. Seguirono delle stagioni di alti e bassi,  retrocessioni in Serie C seguite da promozioni meravigliose.

Chi non ricorda quando dopo il gol di Zimolo (anno 69-70) a Reggio Calabria, fu colto da malore e venne sorretto dall’allenatore Rubino e dal massaggiatore Nino Pallotta, episodi che misero in grande evidenza la sua passionalità, il suo amore smisurato per il Catania.

Nel 1983 condusse nuovamente la squadra in Serie A : memorabile quel tripudio all’Olimpico nell’ultima partita dei play-off con la Cremonese; mai tanta gente aveva varcato lo stretto per applaudire i propri beniamini e Massimino con Di Marzio che furono portati in trionfo. Chi ha vissuto quei momenti potrà capire l’emozione di Angelo Massimino alla fine dell’incontro che sanciva la promozione in A.

Purtroppo l’anno in A fu fugace e l’anno dopo la squadra retrocedette. Ma Massimino era caparbio: risollevò la squadra e la  salvò, mettendo mano al suo portafoglio. Ma alla fine, quando la malattia che lo opprimeva  cominciava a mostrare la sua gravità , decise di lasciare il Catania ad una cordata di imprenditori capeggiata da Angelo Attaguille. I risultati non furono quelli previsti.


Nel 1993 ritornò a furor di popolo, ma l’ennesima ingiustizia lo aspettava dietro l’angolo: l’allora presidente della Lega Vincenzo Matarrese per una inezia burocratica decretò la fine del Catania Calcio. Quel giorno per la città fu un giorno nefasto. Ma Massimino ancora una volta si rimboccò le maniche, pagò tutti i debiti che la vecchia Società aveva accumulato, sanò le pendenze e intraprese una battaglia legale per evitare il disastro. Gli venne consentito di rientrare nel campionato d’eccellenza. Un successivo ripescaggio e una promozione portarono il Catania di Massimino in C2.


Ma i dolori di Massimino ormai cieco e stanco non erano finiti, ma lui andava avanti ancora.
Nel 1996 la squadra non riusciva ad ingranare, aveva cambiato tre allenatori ma non c'era nulla da fare e rischiava di finire nella bassa classifica. Le contestazioni erano ricominciate e un mese prima di morire, mentre la squadra si allenava sul campetto di Valverde, alcuni esagitati aggredirono lui e alcuni calciatori.
Poi l’incidente sull’autostrada Catania-Palermo e la morte.


Aveva 69 anni ed era quasi cieco per il diabete che lo aveva prostrato.

Catania perdeva un uomo generoso, un grande, furbo, scarpe grosse e cervello fino.
Ancor oggi la città lo ricorda ogni qualvolta la squadra gioca in casa.

Grazie Angelo per quello che hai dato alla città.


 

  Raffaello Brullo