Una serata col FAI
Metti
una sera insieme nell’accogliente sala dell’Orto Botanico di Catania la
delegata del F.A.I. Antonella Mandalà, la prof.ssa Maria Teresa Di Blasi
e ti trovi riportata indietro nel tempo,fra ville e casali romani,
cucine e relativi attrezzi, triclini e bandigioni e poi ricette in
sontuosi banchetti dei nostri antenati latini.
E’ piacevole l’atmosfera che riesce a creare l’infaticabile
professoressa Mandalà che, con garbo e sempre sorridente, accoglie soci
e simpatizzanti del F.A.I. attenti nel seguire l’appassionata
rievocazione tra storia, archeologia e arte di M. Teresa Di Blasi. Certo
non sarà facile mettere in pratica le ricette dei nostri ascendenti, i
gusti sono radicalmente cambiati e chi, oggi, berrebbe un vino allungato
con miele e spezie? E il garum? Una salsa a base di pesce che mi ricorda
tanto una salsa che trovavo su ogni tavola in Viet-Nam e in Cambogia dal
fetore impressionante al punto che, per dodici giorni (tanto durò quel
viaggio) ho mangiato a pranzo e cena solo pane e burro, veramente
squisiti ma erano eredità della colonizzazione francese.
Per tornare alla serata, mi è capitato, nell’attesa che iniziasse la
conversazione, di chiacchierare con un’amica, come me frequentatrice e
appassionata di teatro. Perché ne parlo? Perché anche lei, come altre
mie amiche, mi confidava la sua delusione per la qualità degli
spettacoli del Teatro Stabile. Tutte sono concordi nel definirli noiosi,
lenti, troppo turpiloquio (Sicilian Tragedy), e soprattutto si sono
stufati di ben tre lavori di Goldoni!
Un teatro con vocazione siciliana che presenta, perfino uno dopo l’altro
tre Goldoni! Qualcuna ha detto: Meglio un numero minore di lavori ma più
interessanti.
Ricordo, fra l’altro, che sia “La locandiera” che “La trilogia della
villeggiatura”” erano state presentate al “Verga” pochissime stagine fa
e non se ne sentiva proprio la mancanza.
Credo che sia utile sentire le opinioni degli abbonati che applaudono
anche per cortesia verso il lavoro degli attori e se non approvano gli
spettacoli non li si può accusare di “non capirli”.
Per l’amore che porto al Teatro ho sentito il dovere di riportare quanto
mi risulta.
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