Appunti di viaggio    

 

 

Pace in Israele

 

 


Se un viaggio per essere un arricchimento e non un semplice trasferimento da un luogo ad un altro, deve procurare un’emozione e lasciare un ricordo nella mente e nel cuore di chi lo compie, certamente il mio incontro con Israele ha perfettamente raggiunto tale scopo.
Partire l’indomani dell’incidente con la nave turca era già un azzardo: i media parlavano di situazione tesa, c’erano morti, condanne da parte dell’O.N.U., insomma una situazione non certo tranquillizzante. Ma la Farnesina non sconsigliava il viaggio, quindi partenza. E la prima sorpresa è stata proprio all’aeroporto di Tel Aviv dove i controlli sono stati come in tutti gli aeroporti che ho avuto occasione di toccare dopo l’11 settembre, anzi meno rigidi che a N. York. E lo stesso clima ho trovato sia a Masnada sul Mar Morto che a Gerusalemme. Anzi a Masnada non pareva neanche di essere in Israele se non fosse stato che al sabato, gli ascensori andavano su e giù automaticamente (perché in tale giorno un ebreo osservante non può nemmeno fare funzionare l’ascensore).


E a masnada la prima emozione: il bagno nel Mar Morto o, meglio, quello che credevo un normale bagno ed era solo un immersione in un liquido caldissimo che ti permetteva soltanto di galleggiare a causa della forte salinità (300 gr. Di sale ogni litro di mare). Ma la vera emozione, quella che non si cancella più è stata la serata alla Torre per assistere all’esecuzione del “Nabucco” di Verdi. Da alcuni anni è invalsa la moda di allestire opere liriche nei posti dove si svolge la vicenda come Castel Sant’Angelo per la “Tosca”, l’Egitto per “L’Aida” e nel caso in questione, il “Nabucco” di Verdi in Israele con Daniel Oren a dirigere l’orchestra. Ascoltare il “Va’ pensiero” in Terra Santa, l’invocazione alla patria lontana in mezzo a centinaia e centinaia di israeliani con la chippah in capo (lo stesso Daniel Oren la tiene), tra tabelloni elettronici che traducono in ebraico le parole del coro, è veramente un’emozione che prende alla gola. La stessa che, la sera successiva, mi colpisce assistendo ad uno spettacolo “Suoni e luci” a Gerusalemme, precisamente alla Torre di Davide. Circa un centinaio di spettatori, stavolta, ma tutti incantati dalla proiezione sulle bibliche mura di ologrammi che narravano la storia di questo popolo dalle sue origini ai giorni d’oggi. Immagini che scorrono sui muri e sembrano vere, ti verrebbe voglia di allungare le mani per toccarle e invece svaniscono nel nulla, persone, animali, alberi e fiori e infine una cascata di stelle, il tutto sottolineato da una suggestiva musica. E, alla fine, una scritta luminosa sul muro “Pray for peace in Israel”. Da rabbrividire. Un grido di un popolo che invoca disperatamente il suo diritto a vivere in pace.


Ma le emozioni non sono finite e non mi riferisco tanto al Muro del Pianto – che ho visto tante volte in TV anche se mi colpisce la separazione dello spazio fra uomini e donne né all’Orto degli Ulivi dove mi colpisce l’aria di spiritualità che non avevo colto nella Basilica della Natività oltraggiata dalla massa di turisti accalcati in lunghe file per poi vedere un luogo anonimo e deludente ma mi riferisco al Memoriale della Shoa (mi sono sempre rifiutata di usare il termine di Olocausto perché ritengo che gli ebrei non si siano volontariamente sacrificati ma sono stati violentemente sterminati). Un percorso dentro il Male Assoluto, nella follia antisemita, nella degenerazione di un popolo, quello tedesco, civile, colto, che ha dato tanti geni al mondo dell’arte, della musica, della letteratura, della filosofia, della scienza e che sprofonda nell’abominio più nefando. Scorrono nel Memoriale, le immagini di famiglie tedesche, polacche, austriache di religione ebraica la cui vita venne sconvolta e distrutta da una decisione presa in 90 minuti da una accolta di spregevoli “macellai”. E scorrono i volti, i nomi degli scomparsi, sono una minima parte dei milioni “dannati”; nel silenzio appena rischiarato da fiammelle eterne si leggono rabbrividendo nomi maledetti: Bergen-Belsen, Birkenau, Dachau, Auschwitz…


Esco dal Memoriale con un nodo alla gola: pur avendo studiato la storia dello sterminio tentato da Hitler, vedere quelle immagini e percorrere quel viaggio nell’orrore, ancora mi sconvolge. E, con tutto il mio cuore, dico “Coraggio, Israele, resisti ancora oggi e domani, così come hai resistito nel corso dei secoli a tutte le persecuzioni e a tutti coloro che ancora oggi vogliono la tua distruzione.