Un itinerario parigino
“Parigi è sempre Parigi” è un vecchio detto. Ma quale Parigi è sempre la
stessa? Quella del turismo di massa, i soliti percorsi: Notre-Dame, la
Tour Eiffel, Les Champs-Elyseè, l’Arco di Trionfo, la Gioconda a cui si
riduce la solita incursione al Louvre trascurando gli altri gioielli
qual è ad esempio il San Giovannino sempre di Leonardo e altri luoghi
che di prammatica sono mostrati ai gruppi di turisti. Ma Parigi nasconde
altri tesori di solito poco o niente conosciuti dai turisti “mordi e
fuggi”: tesori quali le Case-Museo che ho potuto scoprire durante una
mia breve visita nel ponte di Ognissanti. Case-Museo che racchiudono
collezioni di straordinario interesse nella loro varietà, case di
mecenati del secolo scorso e dell’Ottocento con pezzi di particolare
bellezza. Premetto che la prima sorpresa è l’hotel dove scendiamo
all’arrivo: siamo in tutto dieci donne, per lo più di età matura,
provenienti da Torino, Milano, Brescia ed io da Catania. L’hotel,
situato fra les Champs Eyseès e l’Avenue Montagne è un piccolo ma
raffinatissimo gioiello con mobili dell’800 e splendidi tralci
d’orchidea nei numerosi vasi che adornano la hall e la stanza da pranzo.
Ma
passiamo subito alla prima Casa-Museo visitata al nostro arrivo in un
pomeriggio non particolarmente freddo con cielo sereno: Le Musèe
Marmottan Monet dove entriamo dopo aver percorso un bellissimo e
curato prato. Disposto su tre piani, si presenta come un museo
dell’Impressionismo contenente tele di Renoir, Pissarro, Sisley, Degas,
Gauguin, Morisot ed altri ma soprattutto nel vasto sotterraneo le opere
di Claude Monet, circa una sessantina. Essere in pochi e con una guida
competente e specializzata è una vera fortuna. Possiamo
guardare con calma, senza spintoni, senza vocii, distinguere sfumature,
luci, colori che difficilmente è dato gustare in altri musei, specie
quando arrivano le orde barbariche delle gite scolastiche. Rimango
veramente ammaliata dinanzi ai due quadri “La cattedrale di Rouen in
pieno sole” dove la diversa luce crea effetti diversi pur nello stesso
soggetto. E dopo aver nutrito lo spirito, eccoci a cena in un delizioso
ristorante, luci discrete, nessun squillo di cellulare, conversazioni in
tono basso e una cucina all’altezza della fama di cui gode la Francia;
ho gustato un’anatra alla arancia come da anni non mangiavo accompagnata
da un Bordeaux d’annata che mi ha propiziato un sonno ristoratore dopo
la sveglia all’alba per raggiungere Malpenza.
L’indomani è una splendida giornata di sole e Parigi mi si è mostrata,
per la terza volta, nel suo aspetto migliore. Sento addirittura caldo
dato che mi ero preparata a trovare freddo e pioggia (andatevi a fidare
delle previsioni che annunciavano tempo proibitivo!). La prima tappa
della giornata è l’Institute du Monde Arabe, una splendida
costruzione in metallo e vetro le cui finestre a guisa di formelle, sono
pensate come diaframmi mobili di una macchina fotografica creando
effetti di luci particolari e richiamando i motivi arbeschi di quella
cultura. Dalla terrazza dell’edificio si gode una superba vista sulla
città: dalla Parigi di Notre-Dame a quella del XX° sec. Con l’imponente
Università de Jussien. Ci portiamo poi, col pulmino al Musèe
Jacquemart-Andrè, (residenza privata che ospita la collezione di questa
famiglia con tele di Rembrandt, van Dyck, Botticelli, Paolo Uccello,
Mantenga, Donatello ed altri non meno importanti fra cui affreschi di
Giambattista Tiepolo portato da Villa Contarini Pisani di Mira
(Venezia). Pranziamo al ristorante all’interno di questo maestoso
edificio e, come sempre, non resto delusa dalla cucina francese anche se
è un affollatissimo ristorante per turisti ma con un servizio
inappuntabile.
Il pomeriggio è dedicato alla visita del palazzo Baccarat, una
apoteosi di questo famoso cristallo, dove ci si muove in un mondo
trasparente e rimanda le nostre immagini tra vasi, candelieri,
bicchieri, oggetti di ogni tipo, perfino sedie, poltrone, divani,
tavolini ma il top è costituito dalla “toilette” dove si resta
ammutoliti appena entrati. Tutto è cristallo Baccarat, pavimento,
pareti, tetto, water, lavabo e finanche il portarotolo della carta
igienica.
Proseguiamo le nostre scoperte dei musei parigini ed eccoci entrare in
quello che, per me appassionata d’arte orientale, ha rappresentato la
chicca più prelibata: Il Museo Nazionale Delle Arti Asiatiche
contenente centinaia di opere orientali, dall’ Afganistan al Giappone,
dalla Birmania alla Cina, Tibet, India, dall’antichità ad oggi. Rimango
estasiata dinanzi alle innumerevoli statue di Buddha, in pietra, in
bronzo, in legno, alle ceramiche cinesi, alle pitture su seta, ai
fantastici paraventi e al prezioso vasellame.
Il museo Nissim de Camondo, visitato il giorno seguente è
l’antica dimora di due coniugi ebrei, il Conte Moise de Camondo e Irene
Cahen d’Auvers e vi si respira l’aria della Parigi del ‘700 e tutto
l’arredamento testimonia il raffinato stile di vita della nobiltà del
tempo. Gli ultimi discendenti furono deportati ad Auschwitz dove
morironoe una placca in metallo, all’uscita, ne ricorda la fine.
Rientriamo in albergo e mi riposo in attesa della cena di addio, ultima
sera del mio brevissimo soggiorno parigino.
E’ difficile scegliere un ristorante a Parigi: le
proposte allettanti sono molte ma alla fine il nostro simpaticissimo
accompagnatore ha scelto uno dei più famosi Le Boeuf sur le toit. Appena
entrati, mi prende quasi un accidente! Mi pare di essere entrata in una
succursale di Mac Donald’s! Un vastissimo locale con fitti banconi, luci
al neon, una folla che già occupa quasi tutto il locale. Comincio a
rimpiangere l’ovattato silenzio del ristorante dell’hotel ma rassegnata
al peggio raggiungo la nostra postazione, un lungo banco tutto per noi
in fondo al salone e mi preparo ad una lunga attesa. Ma qual è la mia
sorpresa quando vedo arrivare subito un cameriere col menù e leggo una
lista che già mi fa venire l’acquolina in bocca. Scelgo la classican”soupe
à l’oignons” e un petto di anatra arrosto e vi assicuro che è stata una
scelta felicissima che ho gustato con vera delizia. Ma anche le altre
signore sono state soddisfatte delle loro scelte e se qualcuna ha
commesso l’obbrobrio di bere coca-cola, tutte le altre abbiamo
assaporato ottimi vini all’altezza della fama delll’enologia francese.
La mattina seguente è dedicata all’ultima visita, il Museo Rodin, un
grande palazzo cui si accede da un vasto spiazzo e contiene opere di
Auguste Rodin che si snodano come un racconto della vita, amori,
amicizie del famoso scultore. E sue sculture ornano pure il bellissimo
giardino che si allunga dietro la casa e dai cui vialetti sbucano
biancheggiando tra il verde.
La giornata è splendida, il cielo terso e l’aria temperata sembrano
quasi volerci lasciare un gradevolissimo ricordo de La Ville Lunière.
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