Appunti     

 

 

Lunablu

 


Mi guardo allo specchio e vedo un pagliaccio. E cos’è se non un pagliaccio quello che vedo riflesso? Capelli bianchi impiastricciati di gel irti come gli aculei di un riccio, divisi da una striscia blu che va dalla fronte alla nuca; gli occhi fortemente bistrati di nero; una bocca mostruosamente vermiglia. Un pagliaccio.
Ma no. Non sono un pagliaccio. Sono Lunablu. Si, proprio lui. Quello che vedete in tutti i talk-show che interviene nei dibattiti, che usa un linguaggio tra l’inclito e l’osceno, che viene intervistato in ogni occasione che appassiona lo spettatore. Quello, insomma, che giocando sull’equivoco – è maschio o femmina o cos’altro - è diventato uno show-man.
Si, è vero, mi faccio schifo e, guardandomi allo specchio, mi vien voglia di sputarmi in faccia, specie se penso a quello che ero vent’anni fa. Un giovane fresco di laurea ma soprattutto deciso a sfondare nel mondo dello spettacolo. Avevo frequentato un corso di recitazione nella scuola del teatro della mia città, una di quelle città della Magna Grecia dove il culto per il Teatro è linfa vitale; laureato in Lingue, parlavo discretamente bene l’inglese, il francese e lo spagnolo. Con queste credenziali ero sicuro di farcela, la mia icona era Fiorello. Cominciai a fare, come lui, l’animatore nei villaggi turistici, sulle navi da crociera, apparivo in alcune TV locali. Ma tutto finiva lì. Non sfondavo. Pian piano, il mio entusiasmo sparì. Stavo per rinunziare e pensavo di ripiegare, se possibile, sull’insegnamento o un altro qualunque impiego quando avvenne la svolta della mia vita.
Carnevale del 2000, il nuovo Millennio, amici che mi convincono ad andare ad una festa in maschera. Accetto
E per maschera una parrucca bicolore, un trucco ambiguo, abbigliamento androgino, scarpe con zeppa. I miei amici, conoscendo i miei trascorsi, mi invitarono a salire sul palco e raccontare storielle.
Un successo enorme. Era casualmente presente un regista televisivo e mi invitò a un provino. Lo superai, nel frattempo mi ero veramente tinti i capelli bicolori, accentuai l’ambiguità e, quando mi domandarono il nome, “Lunablu” risposi sicuro. “Luna” come il bianco dei capelli e “blu” come la striscia: la luna e il blu, femminile e maschile.
Dalla piccola televisione locale a quella nazionale, la popolarità cresceva, ero invitato dappertutto,.
Mi trovavo al centro dell’attenzione fra boriosi politici, criminologi e psicologi che disquisivano su delitti atroci come se vi sguazzassero dentro beati; dame di molta dubbia moralità che si esprimevano come i carrettieri del mio paese; intellettuali sprezzanti che ritenevano il volgo indegno del loro genio.
Ed io fra loro. La mia presenza dava ancora più pepe allo spettacolo, mi si domandava il mio parere su ogni questione, per controbattere, polemizzare, accalorandosi sempre più ricorrendo ad un turpiloquio da taverna.
Ed io fra loro. Da prima con noncuranza ribattevo sottolineando il mio dire con mossette di sufficienza, poi mi gettavo nella mischia anch’io e giù parolacce, mezze bestemmie che venivano regolarmente riportate con ipocrita sdegno dai giornalisti dei maggiori quotidiani.
La mia popolarità aumentava e aumentava il mio conto in banca. E continuavo a mettere a tacere la mia coscienza. Si, quella vocina insistente che continuava a ripetere “ma non ti vergogni? Ma non ti guardi mai allo specchio? E, se ti guardi, non ti sputi in faccia?”
Si, mi guardo. Oggi mi guardo e vedo questa faccia da…no, non dico la parolaccia, non è politicamente corretto. Ma la penso, oggi è il “GAY PRIDE DAY” e naturalmente ne sarò la stella. Mi viene il voltastomaco ma non posso rifiutare, per ora la mia stella è allo zenit ed è così facile uno scivolone e tutto potrebbe finire. Invece sfilerò col mio caschetto bianco-blu, delle tette finte, giarrettiere rosse, scarpe con zeppe e tacchi 15 cm. Manderò baci con la boccuccia rossa, farò gestacci osceni al corteo, parteciperò allo squallido baccanale.
Tutto in regola e arrivederci al corteo.


Lunablu


PS Dimenticavo un particolare.
Nel cassetto del mio scrittoio è conservata una rivoltella. Per quando non avrò più sputi da scaraventarmi in faccia