Appunti di viaggio    

 

 

Castello di Maniace

 

 

Siracusa si prepara a ricevere il G8 dell’Ambiente e perciò è tutta un cantiere per presentarsi nel suo aspetto migliore agli ospiti e peggio per quei malcapitati che devono attraversarla in questi giorni. Per percorrere in auto Corso Gelone ci si impiega quanto per andare in aereo a Napoli, ben 45 minuti! Ma l’appuntamento con la delegata del F.A.I. , la preside Antonella Mandalà, era al Castello Maniace che dal 16 c.m. chiuderà per lavori di restauro e non si poteva perdere la mostra di reperti archeologici proveniente da collezioni private non sempre esposte al pubblico.


Il Castello, fatto edificare da Federico II, prende il nome dal generale bizantino Giorgio Maniace ed è o meglio era, una fortezza, come tante, eretta come un punto di osservazione sull’estremo lembo di Ortigia. Danneggiata gravemente dal terremoto del 1693 e ancor più dallo scoppio di una polveriera nel 1704 – quando era stata adibita a caserma – si presenta tuttora maestosa ed affascinante. Dopo avere attraversato il vasto piazzale, sferzati da un vento ciclonico che annunciava pioggia siamo entrati nei vari ambienti che ospitano le ricche e preziose collezioni dove spiccano pezzi di inestimabile valore che ci vengono illustrati con appassionata perizia dall’infaticabile professoressa Teresa Di Blasi.

 

Ammiro le vetrine da profana dato che non ho competenza in archeologia, mi soffermo dinanzi alla riproduzione della tela del Caravaggio “La decapitazione di S. Giovanni” nella monumentale sala che fece da scenario per le riprese televisive della fiction sulla vita e le opere del pittore maledetto ma ancora aspetto la maledetta scintilla, quella che scatta per una emozione, per qualcosa di particolare e che rende memorabile un viaggio, una visita, un percorso. Ed ecco che la scintilla scocca, improvvisa, dinanzi all’Ariete, copia di un’opera originale attribuita a Prassitele. E’ al centro di una sala, senza alcun altro manufatto attorno, grande, bronzeo, dai grandi occhi che sembrano volerti comunicare qualcosa, il vello fa venire voglia di toccarlo, carezzarlo, la sua è una posizione di riposo come chi viene da secoli lontani e guarda paziente verso tempi futuri. Con la sua possanza ricorda le immortali pagine dell’Odissea che narrano la fuga di Ulisse dall’antro del Ciclope nascosto sotto l’ariete. Resterei ore ad ammirarlo per la sua perfezione e plasticità ma non si può, bisogna continuare. Per me, è bastato “lui” ad incidere profondamente il senso di quella visita.