Quando
entro in acqua, mi sento tornare ragazza! Ho i capelli bianchi,
salgo e scendo a fatica le scale, sulla terra ferma mi stanco
facilmente essendo, momento per momento, il peso dell’età. Ma quando
entro in mare, tutto ciò scompare e leggera nuoto sul dorso ( e già
una brutta operazione, anni fa, mi ha reso mezzo invalido un braccio
e riesco a nuotare bene sul dorso, anche se mi sforzo di nuotare in
altri stili ). Amo visceralmente il mare e aspetto l’arrivo
dell’estate per tornare al mio amore. Che risale alla mia infanzia
quando i miei genitori mi portavano alla Plaia e nuotavo con le
“zucche” legate alla vita. Allora, negli anni ’30, non c’erano
ciambelle né braccialetti.
Al mare sono legati ricordi, impressioni, momenti di felicità: se
penso al mare, vi associo subito una sensazione di leggerezza, di
libertà. Leggerezza: e mi viene subito in mente quando, appena
settenne, al mitico Lido Longobardo, mi accorsi che si erano
slacciate le zucche e, nonostante ciò, galleggiavo leggera. Avevo
finalmente imparato a nuotare da sola!
Libertà: sempre al Lido Longobardo, pochi anni dopo, assieme ad una
mia amichetta, varcai il limite della “vasca” che cingeva con una
cintura di scogli il mare riservato alle donne e alle inesperte.
Via! Per il mare aperto, libere, autonome, leggere e veloci mentre
dal terrazzino le nostre madri ci richiamavano indietro. Quante
volte quel momento di infinita libertà è tornato nei miei sogni,
anche di attempata e seriosa signora!
Dopo il Lido Longobardo, vennero altre spiagge, altri mari, altri
orizzonti e tutti mi hanno sempre dato un’emozione diversa, come una
continua scoperta, un rinnovato rito
d’amore.
Il mare di Antalya nel sud della Turchia, cristallino, onusto
di antiche civiltà, con le sue città sepolte che affiorano dalle
acque e dove mi tuffai calandomi da un grosso battello (caicco) che
navigava lungo la costa.
Il mare dei Carabi di un incredibile colore tra lo smeraldo e
il cilestrino: sabbia bianca, distesa dell’oceano a perdita
d’occhio, sipari di alte palme. E il ricordo del mare che mi
risucchiava indietro nonostante fossi già arrivata a riva, non
riuscivo a venirne fuori e fui fortunata perché un compagno di
viaggio della crociera riuscì a prendermi per il collo e tirarmi
fuori.
E la barriera corallina di Bali! L’unica delusione del mare
che mi arrivava alla caviglia e dove non potei fare un bagno degno
di questo nome.
Il mare di Sharm-El-Sheik, caldo e fantastico per la sua
fauna marina. Basta avere una semplice maschera e si gode uno
straordinario spettacolo: pesci variopinti di diversa grandezza e
forma che guizzano fra i bagnanti e sembra di essere in un acquario.
E il bagno in una cascata in Croazia? Non ricordo il nome
della cascata, ma non dimenticherò mai il momento in cui mi resi
conto che la corrente di quella cascata mi stava trascinando vero il
fiume! In un lampo capii che dovevo ragionare freddamente, non farmi
prendere dal panico, che nessuno mi poteva dare aiuto perché gli
altri bagnanti erano già molto lontani. Nuotai con tutte le mie
forze verso la riva, mi aggrappai ai rami di un albero che si
spezzarono, nuotai ancora e finalmente un ramo resistette. Fui
salva. Ma avevo corso veramente un brutto rischio.
Quanti mari! Tanti, che a ricordarli tutti ci vorrebbero
pagine e pagine. Ma voglio chiudere col mio mare, la Baia dei
Turchi in quel di Arcile. Quando, quarant’anni fa, lo scoprii
era un angolo di paradiso, appartato, selvaggio, silenzioso, una
baia che la gente del posto chiamava “Acque lucenti” perché,
alle prime luci del giorno, il mare diventa tutto uno sfavillio. Dal
centro della baia, si gode lo spettacolo che, in certe sere di
vento, appare come uno scintillante diadema che brilla su Catania.
Talvolta, ma raramente e solo in certi tramonti di giugno, il cielo
diventa “color del vino” di sciasciana memoria. E anche se il
turismo di massa, rumoroso e poco rispettoso del silenzio e della
selvaggia bellezza del posto è arrivato fin lì, quel mare è sempre
la mia fonte di vita e di energia.
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