Odissea di una generazione
Per
quelli della mia generazione, vicina al secolo lo scatenarsi della
pandemia del coronavirus 19, è come la classica ciliegina sulla torta e
cercherò di spiegarmi. Nata nel trentennio del secolo scorso, quella
generazione viveva in un ambiente patriarcale con nonni, zii, cugini ed
un tenore di vita, tutto sommato, dignitoso anche se le differenze di
classe erano notevoli. Ma all’inizio del nuovo decennio, il ’40,
scoppiò la guerra che sconvolge e terrorizza: bombardamenti giorno e
notte, corse ai rifugi anti -aerei , la borsa nera fa aumentare i prezzi
degli alimenti e fa sentire la fame. Fame vera, fame che tormenta giorno
e notte con l’incubo dei bombardamenti. Patate. Legumi. Pane gommoso e
razionato. Fortunato chi riesce a trovare, a caro prezzo, latte e uova.
Si scappa dalle città bombardate per rifugiarsi in sperdute campagne o
paesi dei dintorni. Famiglie disperse, le donne sole a casa, gli
uomini nei vari fronti dai nomi stranieri: Patrasso, El-Alamein,
Stalingrado… Dopo cinque eterni anni, la guerra finisce ma il sipario
che si apre è spaventoso: più di cinquanta milioni di morti, lager
nazisti, il genocidio degli ebrei, il fungo atomico su Hiroschima e
Nagasaki, l’ecatombe dei nostri alpini in Russia, la mutilazione
delle nostre frontiere, l’esodo degli istriani e le foibe del Carso.
Ma la vita continua. E’ più forte di “tanatos”. Si ricostruisce, si
rimuovono le macerie materiali, si perdonano quelle morali. Scoppia il
boom economico, il ventennio ‘50/70. Si costruisce dappertutto anche
dove non si dovrebbe, nascono come funghi interi quartieri con
grattacieli, incuranti di vivere in zone altamente sismiche, quartieri
tutti uguali, anonimi e la periferia di Milano non si distingue più da
quella di una qualsiasi periferia di una città del Sud. L’autostrada Del
Sole era il simbolo di quella rinascita e del benessere del Paese.
Catania? Era la Milano del Sud, operosa, vivace, aveva riscoperto la sua
vita notturna, le donne potevano andare al cinema, a teatro anche da
sole, ritirarsi tardi salendo sui tram che univano i vari quartieri
cittadini, il Teatro Massimo ospitava Maria Meneghini Callas e Arturo
Benedetti Michelangeli. Ma quel ventennio era alla fine: esplodeva il
’68. Al Nord le bombe di P. Fontana, in Sicilia l’autostrada PA-CT univa
la mafia della Sicilia Occidentale alla criminalità di quella orientale.
Anni di Piombo: attentati, sequestri, esecuzioni fra bande rivali,
ITALICUS e affaire Moro. E se l’Italia Piange, il resto del mondo non
ride. Guerra fredda, muro di Berlino, guerra in Corea e poi Vietnam che
infiamma gli opposti sentimenti tutto il mondo giovanile. Arriva la
droga che uccide come in una guerra o in una pandemia. Ci si ricorda
della prima epidemia del dopoguerra quando nel ’52 scoppia l’Asiatica
(anche allora il virus arrivò dall’Oriente). E da allora, ogni anno,
all’inizio dell’inverno appare questa forma che è stata finora
contenibile, diversamente da quest’ultima. In questo secolo ci sono
stati, certamente, momenti difficili che si sono superati stringendo la
cinghia ed andando avanti. Ma la mia generazione ormai si avvicina al
secolo e quest’ultima prova – anche se ha la “corona”- proprio non la
vive bene.
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