Riemergo dalla notte buia
Sere fa, a teatro, prima che iniziasse lo spettacolo
delle garbate signorine invitavano gli spettatori a dare un’offerta
all’A.I.R.C. per sostenere le ricerche sui tumori del seno che
colpiscono le donne.
Ancora una volta, mi sono domandata perché si parla tanto e sempre del
carcinoma al seno e mai dei tanti tipi di tumore che colpiscono le donne
(ma anche gli uomini).
Forse per una questione estetica? Ma anche altri tumori hanno effetti
devastanti sia dal punto di vista fisico che morale!
I dolori, le vie crucis, i continui ricoveri, le cure che lasciano senza
forze, i capelli che cadono sono forse meno gravi di un seno segnato dal
male?
Parlo per esperienza personale: molti anni fa, precisamente ventinove,
mi fu diagnosticato un carcinoma alla lingua che tanti luminari della
scienza avevano trascurato.
Inizio così la mia personale lotta che ho vinto ma ne porto ancora i
segni non solo nel fisico segnato per sempre ma anche nel morale perché
il ricordo di quel calvario non si cancella.
I pochi versi che seguono furono scritti alla fine di una lunga e
faticosa cura radiologica.
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Alla nera signora della notte
Sette come le piaghe di Maria
Sette aghi preparati per colpire
Carne trafitta da lingue di fuoco
Inerme si offriva all’uomo in bianco.
Ore sgranate da atroce tormento
Veglie popolate da orridi incubi.
Viscida colava la brodaglia sul viso
La gola rifiutava l’insopportabile dolore.
……e la strega rideva oscena
offrendo cibo alla lingua rovente……
Aldilà dello schermo piombato
Volti familiari, incupiti dalla mia tortura.
Isolata come lebbrosa, unico conforto
Kieekegaarda e Nietzsche al mio capezzale.
Una pausa, una parentesi, un tuffo
Nell’amico mare dal nome antico.
Poi di nuovo la notte, la lama
Che affonda, recide, scava, asporta.
Ma il male s’è fermato, non sprofondato
Nella gola inerme, lento il suo cammino.
Riemergo dalla notte buia, ma il passo è lento,
curva la schiena, sciancato il braccio.
E ancora torture infinite, lampade impietose,
attimi eterni come la morte.
No, come la vita che è ancora mia,
che abbraccio, che bevo insaziabile.
A più tardi, assai più tardi, nera Signora della notte,
stringi vuote a te le ali funeste. |
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