La città imperiale
Ci
si può innamorare di una città? Non so se vi sia capitato ma a me si.
Risale al lontano ’94 il mio primo impatto con S. Pietroburgo e fu un
amore a prima vista. Era agosto e già i giorni si accorciavano ma fino a
tarda sera era un chiarore che faceva ancora luccicare le cupole d’oro
delle chiese e le facciate degli imponenti palazzi sdraiate sulle sponde
della Neva. Su molti edifici si leggeva ancora la scritta “Leningrad”,
eredità dei 70 anni di comunismo. Ma non era questa la sola eredità della
dittatura staliniana: la città, con la rivoluzione bolscevica, di cui
peraltro era stata protagonista avendo accesa proprio essa la scintilla
che avrebbe incendiato l’impero zarista, la città – dicevo – era stata
declassata, la capitale era stata trasferita a Mosca, Stalin avrebbe
sempre visto con sospetto questa città che nel suo DNA era il simbolo
dello varismo ed era stata pure la città di letterati, poeti, musicisti,
insomma la culla della “intellighenzia” russa; una città martire che aveva
patito 900 giorni di terribile assedio nazista e alla quale Stalin non
portò nessuno aiuto.
Nel ’94 le tracce della guerra erano state cancellate ma se le macerie
materiali erano state rimosse, non così quelle materiali. Vidi una città
stupenda nei suoi palazzi, nella grandezza delle sue piazze e strade – in
primo luogo la Prospettiva Nvskij unica al mondo – ma pure una città
spenta, come ripiegata su se stessa, come un animale che si lecca le sue
ferite. Era come una vecchia signora decaduta che si mascherava con la
magnificenza del suo splendido passato.
Vi tornai fuggevolmente nel giugno successivo e potei godere del fascino
della luce delle sue notti bianche ma fu nello ’02 che tornai a S.
Pietroburgo attraversando in battello i suoi numerosi canali, penetrando
nelle sue vene, scoprendone i lati più nascosti. Già era cambiata: Putin
aveva valorizzato la sua città natale, molti palazzi venivano restaurati,
i negozi erano pieni di mercanzie, la gente camminava a testa alta e con
piglio sicuro.
Sono tornata adesso da una nuova visita e non mi ha deluso. E’ di nuovo la
splendida città che fu dal ‘700 alla dittatura comunista, una città
imperiale che non ha nulla da invidiare a Venezia cui viene impropriamente
paragonata. Venezia ha calle, campielli, rii stretti appena solcati dalle
sue gondole, palazzi che sembrano nanerottoli in confronto agli imponenti,
sterminati palazzi sulla Neva, alle sue piazze che si perdono a vista
d’occhio. Insomma Venezia è una città “dogale” S. Pietroburgo una città
“imperiale”. C’è tutto un fervore di vita che Venezia neanche si sogna se
no per le migliaia di turisti che la soffocano, molti palazzi sono stati
già restaurati: il Palazzo di Marmo, il Palazzo Stroganoff, Il Palazzo
Yussupov dove fu assassinato Rasputin prima di essere gettato agonizzante
nella Neva e moltissimi altri sono in avanzata fase di restauro. E spero
proprio di poter visitare in futuro. Già, perché ve l’ho detto prima: sono
innamorata di S. Pietroburgo.
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