Lo sbarco degli alleati a
Catania - 2 -
La
situazione a Catania, con lo sbarco degli Alleati, divenne ancora più
drammatica : i bombardamenti continuarono anche se più distanziati e
meno disastrosi di quelli di luglio: le scorte alimentari si
assottigliavano sempre di più e dalle campagne non arrivava quanto
sarebbe stato necessario a quei catanesi che erano rimasti in città.
Pochi i panifici aperti che sfornavano un pane nero e dalla mollica
gommosa e appiccicaticcia, in sostanza immangiabile. Assente la carne,
pure il pesce, rare le uova, verdure e legumi avevano raggiunto prezzi
astronomici alla borsa nera.
Le case lasciate dai catanesi sfollati altrove venivano spesso
saccheggiate da sciacalli che, come in ogni evento catastrofico non
mancano mai.
Dopo essere sfollate, come detto in un articolo precedente, a San
Gregorio, ci rendemmo conto di essere cadute dalla padella alla brace: è
infatti il paese si trovò tra una postazione tedesca di mitragliatrici
posta all’inizio proprio dove finisce la salita e un accampamento
tedesco in un piazzale tra San Gregorio e San Giovanni la Punta.
Ce ne rendemmo conto quando, iniziata l’avanzata degli Inglesi, questa
fu fermata sul Ponte di Primosole per 17 giorni durante i quali si
alternavano da parte inglese bombardamenti dal mare, dal cielo e, negli
ultimi giorni, anche da terra, cosicché il paese fu preso da due fuochi.
Si viveva nel terrore delle bombe, con l’assillo della fame, senza più
notizie dei cari dislocati nei vari fronti, senza più percepire alcun
stipendio. Al primo scoppio di bombe si correva sotto i letti perché in
paese non c’era nessun rifugio, ci si appigionava di quel poco che si
riusciva a trovare correndo tra un bombardamento e un alttro con la
consapevolezza che ogni ora, ogni minuto poteva essere l’ultimo.
La radio continuava a mentire, farneticava di “armi segrete”,
minimizzava sconfitte, bombardamenti, morti e distruzioni.
E venne il 26 luglio, si il 26 e non il 25 poiché noi lo sentimmo quel
giorno: finalmente il Duce era fatto fuori.
Ricordo perfettamente quello che dissi a mia sorella Anna. Non potevi
avere un regalo più bello oggi. Era infatti S. Anna.
E lo festeggiammo. Proprio per puro caso, un galletto, scappato da
chissà dove, entrò nel nostro cortiletto. Mia madre non ci pensò due
volte: l’afferrò, gli tirò il collo, lo spennò e lo cucinò : erano mesi
che non mangiavamo carne e non ci facemmo scrupoli.
A quei tempi, gli animalisti – erano ancora nella mente di Dio.
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