Quando gli scozzesi entrarono
a Catania
La
caduta di Mussolini e il cambio di governo in Sicilia, fu vissuto con
molto distacco: i problemi da risolvere, giorno per giorno, assorbivano
i pensieri di chi doveva cercare a mettere insieme il pranzo con la cena
e sopravvivere ai continui bombardamenti. La forte resistenza, opposta
al Ponte Primosole dalle truppe dall’ancora esistente Asse, avevano
rallentato la marcia degli Anglo-Americani, attesi dalla popolazioni
stremate e al limite del collasso.
Vivevo quei giorni nella noia o nella paura: non avevo da leggere perché
tutti i miei libri erano stati lasciati in città, mi era rimasta
un’amichetta sfollata a S. Giovanni la Punta che andavo a trovare
spesso, percorrendo a piedi e con gli zoccoli i due chilometri che ,
allora, separavano i due paesi, stando ben attenta a ritornare a San
Gregorio prima di sera, dato che sarei dovuta passare davanti al
cimitero (anzi, se non ricordo male, due cimiteri, quello di San
Giovanni la Punta e quello di S. Gregorio).
L’unico che se la passava da gran signore era Bobby, il nostro cane
meticcio. Dapprima non avevamo capito come quel cane, ridotto pelle e
ossa fino all’arrivo al paese, fosse poco a poco arrotondato e non
venisse a implorare qualcosa quando mangiavamo. Poi il segreto ce lo
rivelò una vicina di casa che aveva visto il cane nell’accampamento
tedesco,.
Ve l’ immaginate un tedesco , un Signore della guerra, un discendente di
Sigfrido dare a mangiare ad un bastardino siciliano!
E noi, alla notizia, invece di riderne, lo invidiavamo. Ma c’era proprio
poco da ridere: sfondata la resistenza del Simeto, le truppe alleate
(scoprimmo dopo che nella Sicilia orientale erano schierate solo truppe
inglesi) dilagarono ed entrarono in città il 5 Agosto per poi risalire
verso Messina ma prima dovevano passare lungo la costa e lassù, nella
collinetta di S. Gregorio c’era la postazione tedesca.
Furono tre giorni paurosi per chi era preso tra due fuochi, i tedeschi
alle spalle e gli inglesi che sparavano dal mare e da terra; giorni
passati sotto i letti mentre ad ogni colpo dai tetti cadevano
calcinacci, tegole, travi fradice e si alzava un polverone che ammorbava
l’aria, e sbocconcellavamo pezzi di pane duro, qualche patata lessa,
qualche pomodoro.
Per le strade, pattuglie di tedeschi armati fino ai denti minacciavano
chi si azzardava ad uscire in cerca di cibo, molti si erano rifugiati
negli ambienti della Posta per stare insieme e darsi coraggio. Anche noi
eravamo scappati sotto una gragnola di schegge e passammo due notti
sedute sulle sedie.
Poi, al terzo giorno, improvviso un silenzio irreale mentre molto
lontano si sentivano i mezzi tedeschi allontanarsi sempre più. Pian
piano la gente mise fuori il naso, qualcuno gridò: - se ne vanno, i
tedeschi se ne vanno!
Qualcun altro, una voce di donna gridò:- Arrivano! Arrivano l’Americani.
Tutto il paese si precipitò fuori urlando di felicità: l’incubo era
finito, la vita sarebbe ripresa.
Erano gli inglesi del generale Montgomery e a Catania erano entrati
sfilando gli Scozzesi con il loro caratteristico gonnellino.
Era il 7 agosto 1943.
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