Minchia signor tenente
di Carmelo La Carrubba

 


La commedia “Minchia signor tenente” di Antonio Grosso che è in scena al Teatro Vitaliano Brancati dal 23 marzo si avvale di un testo dal forte impegno civile ma non disdegna i toni e il linguaggio comico nel rappresentare la vita in una caserma dei carabinieri in un piccolo paese di provincia in una Sicilia dove nel 1992 è presente la forza del male rappresentato dalla mafia.
Il titolo nasce dalla canzone di Giorgio Faletti che nel ’94 si piazzò seconda al festival di Sanremo e che quest’anno è stata riproposta da Marco Masini ma anche dalla biografia dell’autore del testo teatrale figlio di un carabiniere che dell’attività del padre è testimone.
La storia ambientata negli Anni ’90 risente delle stragi mafiose anche se all’interno di una stazione di carabinieri, in provincia, la vita scorre senza particolari tensioni finchè non arriva il nuovo comandante, un tenente, che per dare la caccia a un potente criminale rende rischiosa la situazione della pattuglia che conosce il sentimento della paura ma anche il modo di mostrare le risorse morali su cui è basata la loro missione di militari.
La regia di Nicola Pistoia per raccontare una storia tragica ha scelto il linguaggio della commedia degli Anni Sessanta dei Monicelli, Troisi, in cui sono presenti quegli elementi della quotidianità che tanto si prestano al risvolto comico così come è nell’andazzo della vita di tutti i giorni e qui è nella risorsa di un cast affiatato in cui ogni singolo attore trova gli elementi di una comicità che da verità e credibilità a tutta la storia.
Nella narrazione teatrale non c’è un vero sviluppo narrativo ma la vicenda si snoda per “quadri” che “illustrano” i momenti vitali di una storia con le sue contraddizioni, le paure, le ansie, i desideri, il regolamento e, infine, il loro impegno civile e morale.
E il pensiero dello spettatore va ai morti di mafia siano essi magistrati, commissari di polizia, carabinieri, politici, semplici questurini, uomini che non si sono piegati al ricatto mafioso.
Ebbene la commedia o se si vuole la tragedia di questi uomini non travolge la leggerezza di un linguaggio scenico che proprio nella semplicità, nell’ironia, nel racconto spontaneo del quotidiano, nell’uso del dialetto, nell’assenza di retorica trova i toni e il ritmo e anche lo spazio per ridere dei nostri difetti.
Spettacolo piacevole, che fa riflettere!
Gli attori sono Antonio Grosso, Antonello Pascale, Giole Rottini, Francesco Nannarelli, Francesco Giggillino, Gaspare Di Stefano, Federica Carruba Toscano, Adriano Aiello.
Il pubblico attento ha applaudito e riso durante la rappresentazione (140 minuti) e soprattutto alla fine dello spettacolo per sottolineare il forte impegno civile e la bravura della compagnia.